[Soci SLIP] articolo di Stallman sul fatto a proposito dell'agcom

Enrico Agliotti enrico.agliotti a gmail.com
Ven 8 Lug 2011 14:58:47 CEST


da il Fatto Quotidiano di ieri (7/7/11)

più o meno è l'intervento che aveva fatto al telefono

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/07/internet-viva-la-condivisione/143582/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/08/internet-stallman-italys-choice-sharing-or-censorship/143969/

lo riporto per aiutare Loredana :-)

Internet, ‘l’Agcom mette in discussione
il principio base della rete: la condivisione’

Secondo Richard Stallman, fondatore della Free Software Foundation,
l'ingiusta normativa dell'Authority sarebbe stata dettata dalle grandi
major per proteggere i loro interessi commerciali. Ma solo delle
misure draconiane potranno fermare il fenomeno della condivisione sul
web
Non è difficile capire che l’approvazione da parte dello Stato
italiano di una normativa che consenta di oscurare i siti web sarebbe
ingiusta. In primo luogo si tratterebbe di un provvedimento di censura
nei confronti di Internet. Alcuni anni fa, i Paesi che si dichiaravano
liberi non avrebbero mai osato fare una cosa del genere, ma l’Italia
già filtra l’accesso a siti stranieri (come thepiratebay.org) e ora
sta progettando una forma di censura per i siti italiani. Ma c’è di
più e di peggio: siamo in presenza di una forma di censura in assenza
di un giudizio della magistratura. E in questa maniera si aggira un
principio fondamentale della giustizia. Ed è per questa ragione che
questo provvedimento è ingiusto.

Ma per quale motivo lo Stato italiano sembra disposto a sfidare
apertamente i principi fondamentali della giustizia in questo delicato
settore? Il regime di Obama si dice favorevole alla nuova normativa.
Per quale motivo gli Stati Uniti auspicano la censura in Italia? Obama
ha stretti legami con le case discografiche e cinematografiche ed è
favorevole alla censura di Internet negli Stati Uniti. Evidentemente
queste aziende hanno un’influenza sul governo americano e,
apparentemente, anche sul governo italiano. La nuova normativa è opera
loro. Perché propongono uno strumento così palesemente ingiusto? La
condivisione è positiva, è utile e Internet la rende semplice.

Di conseguenza gli utenti di Internet si scambiano materiali e solo
misure draconiane potrebbero impedirglielo. Queste aziende non
potranno mai conseguire i loro obiettivi nel rispetto dei principi
della giustizia. Se questo attacco non riuscirà a bloccare la
condivisione, ci proveranno con mezzi ancora peggiori. Hanno già
provato a fare in modo che il vostro software si rivolti contro di voi
inserendo funzioni malevole che limitano l’utilizzo dei dati del
vostro computer. (Possono imporre restrizioni attraverso il vostro
software se il software non è libero; vedi gnu.org.) Poi hanno
approvato una direttiva dell’Unione europea per impedire ai cittadini
di rompere queste “manette digitali”. Ma gli utenti lo fanno lo
stesso. Le aziende liquidano le obiezioni ponendo una domanda: “La
pirateria è un grosso problema e se non la fermiamo così, come ci
suggerite di fermarla?”. La risposta è: “Mandate le navi da guerra
nell’Oceano Indiano”.

Chiamare “pirati” gli utenti che utilizzano lo sharing in rete è come
dire che aiutare gli altri equivale moralmente ad attaccare una nave.
Siamo su un altro pianeta: attaccare una nave è una pessima cosa, la
condivisione è un’ottima cosa. Per gli utenti di Internet il vero
problema è rappresentato da queste aziende e dai loro incessanti
attacchi agli utenti che condividono in rete. Come fanno queste
aziende ad ottenere l’appoggio dei governi per attaccare la libertà
degli internauti? Con il denaro e in più con un pretesto. Il denaro
convince in diversi modi, ma i politici non possono addurre come
motivazione il denaro. Hanno bisogno di un pretesto. Il pretesto
fornito dalle aziende titolari dei diritti d’autore è che loro
sostengono gli artisti. Questa affermazione contiene una modesta dose
di verità, la qual cosa non ci consente di definirla una grossolana
bugia. Il denaro per sgocciolamento dalle aziende titolari dei diritti
d’autore finisce anche agli artisti. Pochissimi divi diventano ricchi,
ma la maggior parte degli artisti anche popolari non riescono nemmeno
a sbarcare il lunario. Se sono veramente gli artisti che ci stanno a
cuore dovremmo trovare un altro modo per sostenerli. Io ne ho proposti
due. Un primo modo consiste nell’imporre una tassa sulle connessioni
Internet e distribuire il gettito direttamente agli artisti (non alle
aziende) sulla base della loro popolarità misurata mediante sondaggi.
Per utilizzare il denaro in maniera efficiente dovremmo calcolare la
quota di ogni artista in base alla radice cuba della sua popolarità.
Ad esempio, se la superstar A è 1000 volte più popolare dell’artista
B, ad A deve andare una somma di denaro dieci volte superiore rispetto
a B.

Con questo sistema una superstar guadagnerebbe pur sempre più degli
altri, ma la maggior parte del denaro servirebbe a garantire un giusto
reddito a numerosi artisti non di primissimo piano, ma popolari. Con
questo sistema gli artisti se la passerebbero meglio e si
risparmierebbe. L’altro modo consiste nel dotare ogni sistema di
riproduzione del suono di un pulsante col simbolo dell’euro.
Premendolo si invia anonimamente 1 euro agli artisti che hanno suonato
e cantato l’ultimo pezzo. Chi è povero non preme mai il pulsante. Chi
non è povero può premerlo una volta la settimana o una volta al
giorno. Non è una grossa somma e quindi perché non regalarla
all’artista che ci piace? Sono possibili anche altri metodi. Il
problema appare difficile solo perché cerchiamo di risolvere il
problema sbagliato: “Come possiamo consentire alle aziende titolari
dei diritti d’autore di conservare la loro posizione di privilegio?”.
Se affrontiamo il problema giusto – “come possiamo sostenere gli
artisti incoraggiando la condivisione?” – allora ci accorgiamo che non
è di difficile soluzione.

di Richard Stallman, il fondatore della Free Software Foundation
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

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Enrico Agliotti
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