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Iron Bishop
ironbishop a fsfe.org
Mar 15 Giu 2010 22:05:55 CEST
Fabrizio ha scritto:
> Per quanto riguarda invece l'aspetto economico del diritto d'autore,
> ovverosia il diritto dell'autore ad essere pagato da chi fruisce delle
> sue opere ed eventualmente il diritto di impedire che altri fruiscano di
> tali opere, si tratta di una scelta di politica legislativa.
La volontà di impedire ad altri di fruire delle opere non è
presente nel diritto d'autore, ma soltanto nel
comportamento degli editori. Corrisponde alla volontà di
assicurarsi che tutti coloro che fruiscono dell'opera
rispettino le richieste economiche stabilite da autori ed
editori; se non vogliono rispettarle, di norma dovrebbero
rinunciare a fruire dell'opera, ma fin dall'invenzione
della stampa è sempre esistito un metodo per duplicare le
opere e ridistribuirle senza versare il dovuto agli autori.
Copisti, falsari, fotocopiatrici, registratori a nastro
magnetico, masterizzatori, eccetera. Solo l'avvento del
SaaS (software as as service) unito a DRM (digital
restriction management) e TC (threacherous computing)
sempre più efficaci, sta iniziando ad arginare il problema.
Questo però è un problema di per sè, perché SaaS, DRM e TC
uccidono la libertà del software: la GNU GPL v3 e la GNU
Affero GPL sono contromosse che potrebbe non essere
sufficienti.
Se da un lato è giusto cercare di impedire che la
fruizione di un'opera non corrisponda ad un introito
economico dell'autore, dall'altro è ingiusto impedire agli
utenti di usare un'opera che hanno ottenuto lecitamente.
L'esempio più comune è il famoso paradosso per cui chi
acquista un'opera regolarmente poi non può farne una copia
personale (che è un diritto sancito dalla legge), mentre
chi la acquisisce illegalmente può farne (sempre
illegalmente) ciò che vuole: usarla, copiarla e
distribuirla. Nella cultura popolare diventa immediatamente
stupido pagare per un'opera, se il supporto "non funziona"
e soprattutto se è facile averla gratis: addirittura si è
in larga parte convinti che sia del tutto lecito.
> La diversa impostazione del software libero, che io pure condivido, non
> tocca la problematica del diritto morale d'autore (anzi, se ne serve
> perche' la licenza impone di menzionare l'autore, mi pare), ma solo
> quella del diritto di sfruttamento dell'opera.
In effetti fa di più: la GNU GPL in particolare dapprima
sancisce che l'utente può usare, copiare, modificare e
distribuire il programma, ma allo stesso tempo gli impone
di fornire le stesse libertà alle persone cui distribuisce
il programma, modificato o meno: non va affatto in
contrasto con lo sviluppo economico e tecnologico, ma lo
assicura! Vieta ad un singolo ente di essere l'unico ad
avere diritto di portare avanti lo sviluppo, ma permette a
tutti di farlo. Non è più una sola persona/azienda a
guadagnare, ma tutte le aziende che partecipano allo
sviluppo, all'assistenza e alla distribuzione. Non è un
singolo a portare avanti o rallentare il progresso, ma un
insieme di persone sparse per il mondo.
Almeno in teoria. Ogni azienda ha bisogno di monetizzare e
il software libero, vuoi per l'agguerita e preparata
concorrenza vuoi per oggettivi problemi nell'inventare un
core business attualmente in embrione, fatica a decollare.
Canonical, l'azienda dietro allo sviluppo di Ubuntu nata
nel 2005, ancora a ottobre 2008 aveva i conti in rosso;
nell'ultimo periodo è salita sul carro del cloud computing
ed ha esordito con Ubuntu One, sulla scia di iTunes, in un
mercato dove per sapere il nome del Microsoft Music Store
devi cercare su Google, perché non sei sicuro sia mai
esistito.
Speriamo in bene.
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