[S.Li.P] [OT] inclusioni
Lucio Crusca
lucio a sulweb.org
Dom 29 Nov 2020 19:00:34 CET
Alessandra, sono d'accordo su molte cose che dici. A me va benissimo se
tu o altri vogliono scrivere "tutt* @ sindac*". Dico solo che non vorrei
che questa cosa entrasse forzatamente a far parte dell'italiano, perché
non è come riconoscere che "medica" sia grammaticalmente corretto: lo è
sempre stato, ma per questioni culturali (sicuramente da cambiare,
queste sì), non lo si è usato per molto tempo, fino a pensare che fosse
errato.
> Mi fa molto piacere che non ti dispiaccia usare "medica". Certo è,
> però, che fino a poco tempo fa questa parola era considerata un
> errore,
Solo da chi non conosceva a sufficienza l'italiano. E comunque, anche se
fosse stato davvero un errore oggi invece considerato una regola
corretta, in questo caso io sarei stato d'accordo, perché non sarebbe
stata una forzatura della lingua, ma un cambio di cultura, determinato
da un accesso più equo a tutte le posizioni lavorative anche per le
donne, per cui la necessità comunicativa avrebbe prevalso sulla lingua
italiana, non il contrario. Lo stesso è stato per "sindaca". Sempre
stato corretto, ma mai usato, fino a quando i giornali, dal 2016, non
hanno dovuto parlare quotidianamente di Virginia Raggi e Claudia Appendino.
> Ora, io condivido gran parte di ciò che hai scritto. La questione
> però qui è come includere chi non si riconosce nè nella A nè nella
> O.
No, in realtà quello che hai postato da facebook non parla di quello, ma
parla solo dell'usare il femminile quando si fa riferimento ad una donna.
Se vogliamo parlare di come includere tutte le sfumature intermedie,
andiamo a scontrarci con il fatto che la lingua italiana supporta solo
il maschile ed il femminile. Il maschile è dedicato a chi è
anagraficamente maschio ed il femminile a chi è anagraficamente femmina,
tutto lì. Tu poi sei libera di sentirti donna, uomo o qualsiasi altra
cosa ci stia in mezzo e, se ti fa piacere, puoi dire a tutti "chiamatemi
Bruno invece di Alessandra" e tutti lo faranno, una volta avvisati. La
lingua italiana, in sé, non implica, nel significato delle parole, che
l'orientamento sessuale o l'identità di genere della persona di cui si
parla coincida con il genere maschile o femminile usato per riferirsi a
quella persona. A farne una questione di orientamento sessuale o
identità di genere, semmai, è chi la lingua la usa (scusa il gioco di
parole :D), ma lo farebbe indipendentemente dalla lingua e dalla
presenza del genere neutro: non è che imponendo una regola grammaticale
che rende le parole illeggibili riesci a cambiare anche la testa delle
persone, anzi, rischi di peggiorare la situazione.
> Tu, mi pare, sostieni che non abbia senso porsi la questione, che
> sia superfluo, perchè la cosa dipende dalle regole della lingua
> italiana, in cui i generi sono solo due, quindi giusto che le
> femmine rompano un po' le scatole per i mestieri, ma non chi non si
> riconosce nè nella A nè nella O. Non per questo c'è discriminazione
> o offesa di sorta.
No, non è esattamente quello che sostengo. È giustissimo che chi non si
riconosce né nella A né nella O faccia di tutto per portare
all'attenzione il fatto che viene discriminato e per combattere questa
piaga sociale. Anzi, se potessimo coniare un termine che non sia una
sigla illeggibile tipo LGTBQQIAA+* per definire rapidamente il "chi non
si riconosce né nella A né nella O", sarei molto felice di usarlo.
Penso invece che sia sbagliato (ovvero dannoso) il mezzo che si cerca di
usare per combattere questa battaglia. Mentre nel caso delle donne usare
il maschile, quando l'italiano il femminile ce l'ha, è chiaramente una
discriminazione di per sé, nel caso di chi non si identifica in nessuno
dei due generi la discriminazione non può partire dal linguaggio nemmeno
se lo si volesse. Cosa fanno allora i diretti interessati? Vorrebbero
imporre regole che in italiano non esistono, per poi accusare il mondo
(o gli italiani) di discriminazione se non le si usa, sperando così di
risultare meno discriminati, ma chiaramente raccogliendo nient'altro che
tempesta.
> Ma come la mettiamo con espressioni tipo "non fare la femminuccia" o
> "dimostra che hai le palle"? Potremmo dire che sono solo modi di
> dire, ma non so perchè sono sicura che anche tu pensi contribuiscano
> ad una cultura discriminatoria nei confronti delle donne, dando
> l'idea che solo i maschi possono essere forti.
Sono solo modi di dire e NON penso che contribuiscano ad alcuna cultura
discriminatoria. Io penso che mia moglie abbia più palle di me, tanto
per dirne una.
Certo, sono modi di dire che partono dal fatto, scientificamente
provato, che il maschio umano è fisicamente più forte, in media, della
femmina umana e per estensione applicano il concetto anche ai
comportamenti che non richiedono forza fisica. Peraltro io ho sempre
considerato la maggior capacità di commuoversi delle donne come un lato
positivo del "sesso debole". In certe situazioni però, indipendentemente
dal sesso anagrafico della persona e dal suo orientamento sessuale, fare
la femminuccia è sconveniente. Così come in altre è sconveniente "fare
il coglione", ma dirlo non discrimina nessuno. Usare "non fare la
femminuccia" non significa canzonare le donne di tutto il mondo, ma
canzonare solo quella persona, maschio o femmina che sia, che in quel
momento deve fare in modo di "avere le palle": in quel momento serve che
sia forte, quindi, per figura retorica riferita al maschio umano che è
fisicamente più forte, deve "avere le palle" o "non fare la femminuccia".
> Ecco, allora se anche utilizzare la parola "master" richiama a
> qualcuno concetti ormai un po' obsoleti, io non ci vedo niente di
> strano a voler cambiare parola. Sono d'accordo che questo potrebbe
> comportare in certi casi uno sforzo enorme, in alcuni casi
> sproporzionato, quindi concordo con te nel considerare i pro e i
> contro di una decisione, ma non mi sembra strano che esistano
> persone che si pongano la questione.
Infatti, che lo si "voglia" fare va benissimo. Che lo di "debba" fare
tutti quanti, solo perché qualcun altro lo "vuole" fare, considerando
che tanto non farà sparire né la storia degli schiavi né la schiavitù
che ancora oggi c'è in tante parti del mondo, va un po' meno bene.
> pensieri, delle nostre riflessioni. Tu mi dai da pensare e noi (in
> questo caso mi associo a Vale) diamo da pensare a te. Tutto qui. Non
> penso ci definiresti SJW.
Dipende da voi. Se l'esercizio della vostra libertà di usare qualsiasi
nuova regola grammaticale, ufficialmente riconosciuta o meno, non lede
la mia libertà di usare l'italiano come l'ho imparato a scuola, allora
no, non vi definisco SJW. Altrimenti sì ed a pieno titolo.
> omosessuali?) perchè non appartengo a quella minoranza. Certo la
> visione etero fa tanta fatica a comprendere che esiste anche quella
> omo+.
Quello che hai scritto qui è un pregiudizio bello e buono, del tutto
assimilabile a quelli che portano alle discriminazioni di cui parli.
Nessuno fa nessuna fatica a comprendere, abbiamo tutti un cervello e
nella maggior parte dei casi funziona. Alcuni (purtroppo molti), DA AMBO
LE PARTI, preferiscono non mettersi in discussione, nonostante
comprendano perfettamente il punto di vista contrapposto al proprio,
perché mettersi in discussione significa rischiare di scoprire di aver
sbagliato per tutta la vita e perdere così (almeno apparentemente)
credibilità.
Ammettere i propri errori è semplicissimo quando si sa di aver
sbagliato. È molto più dura scoprire di aver sbagliato quando si era
convinti di essere nel giusto. E per non rischiare, si preferisce
lasciar perdere il discorso ed arroccarsi su posizioni ottuse tipo "la
natura ci ha fatti solo maschi e femmine". Tutto questo però non ha
nulla a che vedere con la lingua. Io posso condividere la posizione di
Valentino, combattere assieme e lui la sua battaglia per amore
dell'umanità nella speranza che un giorno sia migliore di quello che è
oggi, ma, al contempo, non essere d'accordo sull'abuso della lingua
italiana per ottenere quel risultato, perché penso che sia
controproducente, non perché io abbia qualcosa contro gli omosessuali e
tutte le altre identità di genere.
> Ma non aggiungerei altro, non sono nemmeno cristiana.
... che c'entra? Ho quasi paura della risposta...
Per il resto concordo con Valter sul fatto che non è la desinenza a fare
la competenza (ma se la desinenza giusta esiste, usiamola). Concordo sul
fatto che non è la forma grammaticale utilizzata a determinare il
rispetto per una persona, quando questa forma grammaticale sia quella
corretta per la lingua in uso.
Non concordo con Valter sul fatto che "sindaca", "medica", ecc... siano
da evitare, in quanto sono termini grammaticalmente corretti in italiano
e quindi andrebbero usati ogni volta che ci si riferisce ad una donna.
Non concordo sull'ultima frase di Valter: "Se fossi una donna, credo,
che la penserei nello stesso modo". Come sappiamo tutti... le donne non
pensano! :D
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